~Tempi verbali ~

Avremo“. Già, avremo. Perché adesso no, perché adesso c’è confusione, non sei tu sono io, perché adesso sto bene così, perché adesso non me la sento. Avremo. 
Eppure “siamo” e “abbiamo” a me suonano così giusti.

Il giorno dei miracoli. Non pervenuto.

Devo smetterla di scrivere post che “poi finirò”, perché succede come ieri, che monta il nervoso. Sentivi che andava tutto bene, che era tutto risolto, che stavi finalmente vivendo la vita che volevi, che passo passo ci stavi arrivando, che lui stava cambiando. L’argomento “coppia” non era più stato toccato e andava tutto benissimo, il sesso, le risate, le ferie progettate.
Poi succede, appunto, come ieri, che lui ti dice che questo week-end ti aveva detto c’era ma in realtà non c’è, ci vediamo settimana prossima, oh che sarà!. E in un attimo esplodi. Tutte le mancanze tornano a galla tutte insieme, come un vulcano silente, che si incendia all’improvviso e divampa. Sapevo che avremmo litigato, una delle nostre litigate, quelle in cui lui dice che sta benissimo con me ma che vogliamo due cose diverse, che lo so dall’inizio, che so lui com’è e che non cambierà perché ama la sua vita così com’è adesso. Quelle in cui io piango e dico che la differenza sta nel fatto che io sono innamorata, pazzamente, e lui invece no, nemmeno un po’.
Ecco che i cioccolatini mancati, i pensieri dolci mai espressi, il non andare mai fuori dagli schemi pesano come blocchi di granito, blocchi che non ho più la forza di sollevare, come le lacrime che non hanno più la forza di scorrere, perché sanno di essere inutile mentre lui dice “sto male a vederti piangere, ma lo sai come sono e che non cambio”.
L’ha detto ancora, ancora una volta. La mia è un’illusione. Lui non cambierà. O forse si. Per quanto ancor voglio provarci, crederci.
Questo muro non cadrà, è un muro attorno al quale ho costruito una casa, una casa in cui voglio vivere solamente io.

Ecco che mi asciugo le lacrime, torno alla mia macchina alle tre di notte per tornare verso casa e riscoppiare in lacrime.
Ed oggi, con quattro ore scarse di sonno addosso continuo a guardare il telefono, aspettando che lui si svegli e mi chiami. Lui ha dormito stanotte, dormito come sempre.
Ho di nuovo l’ansia, quella che ormai da qualche mese era passata. Era un’illusione, ancora una vota?
Oggi sarà un altro giorno amata a metà, o non amata affatto, persa fra le cose che ha da fare, un altro giorno senza parole d’amore, senza passi in avanti, anche se abbiamo litigato non arriverà nulla in più rispetto a ieri. E’ un giro in tondo, che da l’illusione di movimento ma è tutto immobile. Passano i giorni e sono giorni di elemosina, quelle che chiedo con le mani, gli occhi e le parole ogni volta che ho a che fare con lui.
Oggi sarà come sempre un altro giorno senza miracoli, col cuore mendicante e gli occhi velati.

Passa sempre, passerà anche stavolta.

Banale, come l’amore

Come lo spiego al mio cuore che non mi vuoi più, alle mie braccia che non possono stringerti, al mio cervello che non deve pensarti, alle mie mani che non possono toccarti, alla mia bocca che non potrà più baciarti. Come faccio a non desiderarti più, quando ti vedo e ti sento in ogni singolo attimo della mia giornata, in ogni cosa che vivo, in ogni profumo che respiro. Sei dentro di me come non avrei mai creduto. Lo so, è colpa mia, ma non so come fare. Continuo incessantemente a volerti, come non ti ho avuto mai.

Bugie supplicanti 

Mentire.
Mentire sul serio, mentire di brutto, mentire come se fosse l’unica strada perseguibile.
La mia amica che ormai si puppa non so più da quanto tutte le mie fisime dice che è perché sono una gemelli di merda. E’ colpa del segno zodiacale dice, e di questa doppia personalità.
Sono uno schifo. Se qualcun’altro dicesse a me le bugie che dico io l’ammazzerei. Letteralmente.
Sto perdendo di credibilità ma non riesco a fare altrimenti.
Ma come cazzo sono diventata?
Un piede in due scarpe, quando so benissimo che nessuna delle due mi va bene, una troppo grande e una troppo piccola, scomode tutte e due. Ma le voglio così tanto.
In un anno mi ha trasformato in una frustrata che pensa di non meritare la felicità, che pensa che la felicità sia accontentarsi di quello che mi da lui, delle sue briciole, perché lui deve cambiare, deve cambiare per me, e dobbiamo vivere felici.
E’ assurdo guardarsi da fuori e rendersi conto di tutto ciò, realizzare quanto tutto questo sia una semplice a vana utopia. Lui non cambierà mai. Mai. E di certo non per me.

E allora arriva l’altro con la chitarra, che scrive le canzoni insieme a me, e mi riempie il cuore ma come facciamo, c’è il cretino che non cambierà mai. E lui soffre, così non possiamo stare. Succede un macello. Doppia vita semi confessata. Non può durare. Chiudo tutto, mi accontento del cretino che mette me nel calderone della sua vita, mentre io povera gemelli di merda elemosino il suo amore inesistente. Ho perfino pensato che forse lui non è in grado d’amare. E’ impossibile da spiegare la sofferenza che provo quando lo guardo con occhi supplicanti, e nei suoi vedo il niente.
Perchè mi riduco così?
E allora chiudo tutto, ero a letto con un’altra, io che impazzisco, non so se è l’orgoglio o il bisogno di sentirmi amata, almeno per un po’, anche se è un’enorme bugia. E allora quando mi dici che tanto non è cambiato nulla ecco che scatta la menzogna, perché tanto non ho nulla da perdere.
Io non sto vedendo più nessuno.
Come cazzo ha fatto ad uscire dalla mia bocca io proprio non lo so, ma l’ho detto. Ti spiazzo. Non sai che dire, ti serve tempo. Serve anche a me, indecisa se far volare sti giorni o non farli passare mai. E adesso la palla è in mano a te, mentre io mi struggo fra attesa e pentimento, tra paura e voglia d’amare, e di essere amata, in un modo o nell’altro.

Giorno 7 senza di te. Per sempre o mai più 

Sveglia che è quasi ora di pranzo con una botta in testa e un colpo forte al cuore. Sento graffiare. Non ho il ricordo vivo della festa, delle risate e dell’allegria con gli amici. Ho solo in mente quello che è accaduto qualche ora prima.

Non ci riuscivo, sapevo che non ci sarei riuscita, mi conosco troppo bene. E allora ho girato a caso con la macchina, ho pensato e trovato un pretesto per venire da te, ancora una volta. Dio ma starà dormendo? Avrà fatto tardi sicuramente. Dai ma a quest’ora in genere è sveglio. E poi deve finire di registrare. Arrivo sotto casa col cuore che fatte fortissimo. La macchina c’è. Come tutti i sabati c’è la donna delle pulizie. Quante volte sono andata diretta al portone senza nemmeno suonare, ma oggi no, non me la sento. Suono il campanello. Uno due tre quattro cinque sei sette otto nove dieci…trenta. Non risponde. Dorme ancora. Cazzo. 

Digita: ero passata per lasciarti una cosa, forse stai ancora dormendo, non importa.

Guardo quelle polaroid e non vedo l’ora tu mi dica di ripassare, tu mi risponda. Non vedo l’ora di sentirti e di vederti ancora.

Una due tre ore

Digita: Ti chiamo dopo tennis ok? 

ok.

Torno di corsa a casa trafelata con l’autobus, ho comprato le ultime cose, fra poco arrivano i ragazzi per la cena. Squilla il telefono. Parliamo come sempre, come se non fosse successo niente, come se il tempo separati non fosse esistito. Mi sento le guance arrossire solo perché stiamo parlando, siamo ancora insieme.

Ho suonato anche il campanello stamattina ma non ho insistito perché non volevo svegliarti.

A dire il vero non ti ho aperto perché ero con una persona. 

Uno due tre quattro cinque sei sette. Silenzio. Penso mi si stia fermando il cuore. Sento le lacrime che salgono, tremo. Devo scendere da questo cazzo di autobus. 

Mi trovo in mezzo alla strada che piango, con te dall’altra parte del telefono che continui “aiutami ad articolare”. “Che cazzo ti devo dire?”

Penso di aver provato per la prima volta una crisi di panico. Non riuscivo più a parlare, singhiozzi forti e basta, e tu che continuavi “ti prego non fare così”. 

E ci troviamo a piangere tutti e due al telefono. Io non sono nessuno, non posso dirti niente. Io che butto giù perché non riesco a parlare, riesco solo a piangere e a pensare che lo sapevo che ti avrei perso, lo sapevo che questo tira e molla sarebbe stato deleterio. Io non voglio parlare al telefono con te. E sono arrabbiata non so se piu con te o con me e tu che continui a chiamarmi, ti prego rispondi, e ancora lacrime, per favore smettila di piangere e ascoltami. E io non mi sento un cazzo di nessuno per poterti dire quanto ti odio, e ho la rabbia e l’orgoglio e la paura che sia tutto finito davvero ancora prima di cominciare. Perché me lo hai detto? Io non volevo saperlo, lo sai che non volevo saperlo. Tu dici che io ho lui, che anche tu sei stato male quando sono partita con lui. (Questa ha dormito nel tuo letto, al mio posto.) Io non ci riesco a stare insieme a te, ho troppa paura. E ormai è tutto perduto. 

Perché mi urli in faccia? Perché sono arrabbiata con te, e con me. 

Perché tu, perché io. Non ha senso recriminare. Arriva lei e mi trova in lacrime. Per fortuna è lei la prima.

“Devo andare, stanno arrivando i ragazzi”.  “Lo vedi ancora? Dimmi se ti vedi ancora con lui.” “Devo andare”.

E adesso io proprio non lo so. Siedo qui, con queste vertigini e gli occhi gonfi, e aspetto solo che suoni questo telefono, che sia tu a fare un passo, verso il per sempre o il mai più. 

Giorno 3 senza di te

È passato così incredibilmente tranquillo, come se fosse stato un brutto sogno. Un velo di malinconia nella frenesia quotidiana, le giornate piene e poco tempo per pensare, per pensarCI. Ho sorriso oggi, come se tu non fossi mai esistito, ma ti sento aggrappato in fondo al mio cuore. 

Perché non sei tu a cercare me? 

Passi scontati, passi dovuti. Io non capisco ancora il perché. Ma so che è una quiete, solo apparente. 

Notte 1 senza di te

Guardo la lancetta dei secondi scorrere fra i singhiozzi. Fa male così tanto non avere la forza delle proprie scelte e abbandonarsi alle lacrime, riversare le proprie mancanze sugli altri, come se servisse, come se potesse migliorare qualcosa. Mi fanno male gli occhi e so che non passerà.
Mi sento morire perché preferisco rinunciare a te piuttosto che cambiare. Non ho la forza. E mi odio.
Occupo il tempo per non pensarti. Eppure sarebbe così facile venire da te. Non ci riesco. Non ci riesco.

Giorno 1 senza te

È passato veloce, quasi impercettibile, la frenesia lavorativa del lunedì.
Il risveglio è stato più difficile, la notte non ha portato consiglio ma solo tanti sogni strani, sogni frammentati, sogni di noi ancora insieme. Continuamente fra il sonno e la veglia, esattamente come mi sento adesso.
La sera è sempre più triste. La sento adesso mentre torno a casa la malinconia, che mi sale in gola e che mi invade gli occhi.
La mia scelta è stata di non scegliere ed ora sto cercando di trovare la ragione. Ma allora perché sto così male se ho scelto io?

L’ultimo passo prima del salto. Sottotitolo: rasentiamo il ridicolo.

Sto rasentando il ridicolo. Decisamente.

Post di facebook visibili solo a lui, messaggi scritti e cancellati, “mi piace” da attimo fuggente. Ridicola.

Per non parlare degli appostamenti sotto casa sua. Patetica.

Combattuta fra l’orgoglio, la rabbia e la voglia di abbracciarlo ancora. E poi io non so aspettare. Mi ha ferito, mi ha fatto male tanto, perché quelle parole da lui non me le sarei aspettate. Ha detto “ci sentiamo”, dopo mille urli e le mie lacrime, “se ti  dico ci sentiamo vuol dire che ci sentiamo no?”. Che poi che vuol dire ci sentiamo? Per gli auguri di pasqua e natale?
Una settimana. E io non so aspettare. Poi faccio sempre quella cosa pessima di parlarne con le amiche, che forse consigliano la cosa più saggia, ma non ci sono dentro e certe cose non le possono capire. Tipo che lui era la mia oasi felice, quel divano dove potevo sedermi e spegnere il cervello, quella chitarra che suonava, in quell’istante, solo per me, come se quella canzone fosse scritta solo per me, per noi.
Le sigarette fumate con la tua felpa addosso, perché ti piaceva come mi stava. I silenzi negli sguardi. E dormire abbracciati. Ma io non ero tua, e tu non eri mio. Ci siamo appartenuti a metà. E poi la saturazione. Io non posso darti torto, una situazione di schifo, per colpa mia certo. Ma non riesco a lavarmi la faccia, indossare un sorriso e far finta che quel trucco sia sparito, che non rimanga il segno. Ti sento nelle mani, nella schiena, nella rabbia e nei miei occhi stanchi di cercarti, ma desiderosi di trovarti ancora.
Aspetto te, na non sono mai stata brava ad aspettare. Questo silenzio fa male, perché ogni domani è come oggi, ogni domani ti aspetta. Ed è vero che il tempo guarisce tutto, ma io non voglio guarire. Non riusciamo ad averci ma non voglio perderti. So che non ci riuscirò, che finirò per umiliarmi ancora, per sentirti cattivo come mai. Ma non posso finire così.
Dove sei?
Non penso servirà nemmeno scrivere, perché non sono forte, e so che cederò e mi farò male ancora. Ma non so come altro fare.
L’ultimo passo prima del salto.

Dediche e pensieri d’amore per un amore che non esiste.

Non è possibile vivere così. Ho talmente tanta ansia da non riuscire a respirare e da scoppiare a piangere all’improvviso. Non riesco a far niente, non riesco a lavorare.

Non è successo niente, è tutto uguale a ieri. E forse è questo il problema. Aspetto ad occhi sbarrati mentre mi mangio le mani dall’angoscia che lui cambi, che lui si svegli una mattina innamorato di me. Aspetto di diventare importante per lui.
Scrivo dediche e pensieri d’amore per un amore che non esiste. Ogni canzone mi fa pensare a lui e mi trovo a scoppiare a piangere a singhiozzi perché sono pensieri inutili.
Sto sprecando il mio cuore. Piango tutti i giorni. Come fa ad essere amore?
È tossico. Lui è tossico e mi avvelena. Non mi ama ma vuole stare con me. E io lo so che non sarà mai come voglio io ma non riesco a mandarlo via e continuo a volerlo vicino a me per cambiarlo ma so che non cambierà mai ma non riesco a fare a mano di lui. Mi sto ammalando. Sono già malata e non ho la forza di reagire. Io mi odio.
E quando non mi scrive penso sia con un’altra, come ha già fatto, penso che non gli interessa, che sono solo un passatempo per lui e continuo ad accontentarmi. Sono frasi che mi ripeto tutto il giorno e non riesco a uscirne, perché mi faccio bastare il poco che mi da.
Perché poi lui dice che sta bene con me e che vuole stare con ma ma così, senza nulla di più. E io me lo faccio andar bene mentre piango disperata perché aspetto che cambi e che si innamori. È quasi un anno ormai. Non si innamorerà più. Non si innamorerà mai. E trattengo i singhiozzi chiusa nel bagno dell’ufficio.
Scrivo che lo amo e cancello. Non riesco a dirlo. Ma sono totalmente succube di lui. Come faccio a guarire.
Io non sono mai stata così, nessuno mi aveva mai fatto stare così e non so come fare. Non riesco a mandarlo via, a tagliare. E allo stesso tempo non riesco a staccarmi e a prendere le distanze per tutelarmi perché ogni mattina mi sveglio più innamorata e col cuore che mi scoppia. Non so che fare. Non lo so. E mi odio per questo.